ATTENZIONE: Il racconto che segue presenta situazioni e immagini adatte ad un lettore adulto

COSTOLE (2006)


Succhiare l’aria non è poi così difficile, se funzionano i polmoni...

Dicono che in punto di morte ti tornino in mente tante cose della tua vita. Cazzo, io ricordo solo il dolore, e quella mattina.

Mi rivedo lassù.
Non è semplice, tornare a quei momenti. Sono istanti che sembrano eterni, ti senti immortale, sembra che il tempo non debba passare mai e che il cavallo che hai sotto il culo sia il migliore che tutto quanto l’esercito abbia mai avuto.
E poi c’è lui, il generale.
E allora anche le cose che prima di allora ti sono sembrate cose da non dormirci di notte per la vergogna diventano atti di eroismo e ti vedi tornare a casa con la medaglia sulla giubba, e tutti quanti che ti danno pacche sulle spalle e le ragazze che dopo la Santa Messa ti vengono a chiedere che cosa si prova ad essere un grande eroe, e sospirano guardandoti allontanare, e sì, è allora che fanno certi pensieri...

Il villaggio era laggiù, fra un torrente e una piana senza alberi. Nell’aria pulita di quell’alba sporca c’erano solo i pennacchi di fumo delle loro capanne a striare l’orizzonte. Sottili capelli di vecchia. Grigi. Nessun guerriero si vedeva a fare la guardia e in quel momento ti vengono in mente tante domande, tipo perchè non ce ne fossero. Così ci ripensi, e risenti come in un sogno i racconti sulle fattorie incendiate, e la piccola Bessie e allora stringi le briglie e preghi che non te ne scappi nessuno, di quei bastardi...

Giù dalla collina inizialmente scendemmo a piccolo trotto, poi all’improvviso suonò la tromba e allora la discesa divenne una corsa, e il villaggio cambiò prospettiva, e divenne sempre più grande.
Mio Dio.

Non avevo mai ucciso nessuno.
Dicono che dopo il primo, il secondo sia più facile.

Appena arrivato in mezzo al villaggio, con la sciabola sguainata vidi gente che correva fuori dalle tende che i ragazzi del secondo gruppo stavano incendiando con le torce. Una volta non avrebbero preso fuoco così facilmente, perchè la pelle di bisonte mal conciata come quella che usavano una volta è spessa. Quelle bruciavano così perchè erano vecchie coperte dell’esercito, ché di bisonti non ce n’era più tanti.

Era vero. Più o meno.
Nel senso che uccidere il secondo è facile, non appena hai finito di vomitare per il primo. Perchè uccidere con la sciabola non è come sparare.

Era una vecchia. O almeno, sembrava una vecchia. Magari avrà avuto trent’anni. Chi può dirlo con certezza quando corri col tuo cavallo e colpisci a caso e hai una paura fottuta?

Quella è stata la prima.
Devo averla decapitata, o qualcosa di molto simile. Il sangue mi era schizzato davanti al cavallo, eppure correvo come se avessi il diavolo al culo.
Cadendo era finita su un focolare, rovesciando un grosso pentolone. Sembrava gridare, magari era tutto nella mia mente. Non so. E chissà dove l’avevano preso, quel pentolone... Ma non ebbi il tempo di pensarci troppo sopra, perchè appena guardai le mani guantate e le vidi rosse di tutto quel sangue vomitai e mi feci tutto sulla giubba. Cazzo.

Così arrivai di fronte al secondo.
Non ti puoi limitare in quei momenti, specie se hai addosso il tuo vomito e le mani rosse di sangue.

Era un ragazzo, forse un bambino. E chi lo sa? Crescono in fretta, se non li uccidi prima.
Aveva gli occhi chiari, come la piccola Bessie.
In tutto il resto era di uno loro, compresi i capelli neri unti di grasso di bisonte, ma quegli occhi no. E in quell’attimo che durò un secolo, mi guardò senza muoversi, le braccia lungo i fianchi. Diceva qualcosa, o almeno, muoveva la bocca.

La sciabola fece tutto da sola, come succede sempre in quei casi.
Sei fortunato, piccolo bastardo, mi dissi, scappando, sei il secondo e dicono che dopo il secondo gli altri non contano più.
E’ vero anche questo.

Arrivai in fondo al villaggio senza fiato. Come ora.
E’ che allora lo ripresi.
La lama della sciabola era incredibilmente pulita, ma non l’elsa, il mio braccio e la manica della giubba. Li rialzai tutti insieme, girai il cavallo e tornai alla carica, mentre le altre giubbe blù si spargevano per le tende incendiate ad inseguire i superstiti e ad ucciderli come topi nel barile.

Il resto lo sapete.
Non tornammo indietro ad aspettare i rinforzi e fu un grave errore.
E dopo che il grande circo Sioux chiuse il suo cerchio su quanto restava del settimo, qui a Little Big Horn, dovevano essere tutti tanto ubriachi di vendetta che neppure si accorsero che non eravamo tutti morti davvero.

Per lo meno, non ancora.

Eccomi qui, sotto un paio di cadaveri e un cavallo. Forse il mio.
Difficile respirare con un cavallo sulle costole.

Merda.
.

FINE

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